Archivio di quartiere – storia n. 14

Nel rione Carrassi, oltre alla bellissima architettura della Chiesa Russa, è presente tuttora un particolare edificio, il carcere penitenziario, ubicato su corso Benedetto Croce (ex c.so Sicilia) e risalente agli anni ’30 del Novecento.
La recinzione del carcere lungo il corso, in direzione Carbonara,  termina di fianco a un palazzo d’epoca, il Palazzo Cappelluti, distaccato dal penitenziario soltanto da un cortile.
Al 3° piano, in quegli anni, vi abitava la mia famiglia. In quel palazzo e in quel cortile ho trascorso “felice” la mia infanzia e parte della mia adolescenza.
In questa fotografia dell’Istituto Luce, la facciata del carcere appare alquanto ammalorata. Negli anni ‘40 – ‘50 era impossibile sostenere grosse spese per la manutenzione e ristrutturazione di edifici e strutture particolari.
carcere


Il carcere in tutti questi anni non ha subito grossi cambiamenti.  Sono state ristrutturate le facciate, si è provveduto all’adeguamento degli ingressi secondari –l’uno sulla parte terminale della recinzione (direzione Carbonara), l’altro su viale Papa Giovanni XXIII- ed è stato messo in sicurezza il percorso sopraelevato della “sentinella”.
La recinzione, che si vede chiaramente in foto, è rimasta tale com’era in quegli anni, così come il grande cancello dell’ingresso principale, in Corso Benedetto Croce.
Un cambiamento sostanziale ha riguardato invece il personale in servizio. La loro divisa degli agenti  è cambiata totalmente: oggi indossano un casco azzurro, prima indossavano un “berretto con visiera”.
Anche la denominazione è cambiata, prima era “agente di custodia” oggi è “agente di polizia penitenziaria .


Tengo a dirvi un particolare della mia infanzia legato al carcere: da ragazzini ci piaceva salire sul muretto di recinzione e percorrerlo fino alle “colonnine rompitratta in ferro” per poi infilarci al loro interno, come fossero delle gabbiette, sostare per un po’ di tempo e poi proseguire il percorso fino alla colonnina successiva, e così via. Giochi semplici, che ci facevano divertire un mondo.
Al tempo dell’ultimo conflitto mondiale a cui partecipò la nostra nazione (1940 – 1945), nel carcere c’era un bunker sotterraneo in cemento armato, bomba – resistente, che serviva da ricovero in caso di attacco aereo.
In quegli anni ero un ragazzino e ricordo che appena suonava l’allarme io, i miei genitori e tutta la famiglia andavamo immediatamente in questo bunker.  Era semplice raggiungerlo per noi che abitavamo nelle immediate vicinanze. Ricordo  però che una volta non si arrivò in tempo. Ci affrettammo a scendere dal terzo piano, ma non potemmo uscire dal portone perché gli aerei già stavano bombardando Bari.
Tutti quelli del palazzo, noi compresi, restarono fermi e impauriti dietro il “muro antischegge”, costruito un paio di metri prima del portone di uscita, a difesa di noi inquilini.  Anche se ero un ragazzino, ricordo ancora bene i rumori degli aerei e delle bombe, i lampi di luce dei razzi nel cielo. Poi risuonò la sirena per avvisare che il pericolo era scampato e ognuno ritornò nella propria abitazione, ma sempre con la paura di risentire quella sirena suonare, un suono che riecheggiava continuamente nelle nostre orecchie.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *