Archivio di quartiere – storia n. 5



Anno: 1967. Palco: muretto di tufi delimitante il cantiere dei nuovi palazzi in costruzione. Sullo sfondo la caserma Rossani. Esibizioni canore, balletti e presentazioni degli artisti. Le star eravamo noi bambini del quartiere, amichetti della porta o del portone accanto. Il nostro pubblico erano i genitori, i passanti, le signore del vicinato, con tanto di richiesta di canzoni.
Quella che mi è rimasta nel cuore, ovviamente cantata da me, è la canzone di Gigliola Cinquetti “Una rosa di sera non diventa mai nera”. A sentirla oggi, non si direbbe una canzone per bambini. È così attuale. Ci invita a non sottovalutare i tanti e diversi pericoli che corre il nostro pianeta. La sua forza prorompente era il ritornello.
È incredibile pensare quanto quel cantiere, per noi luogo di giochi e di scoperte, avrebbe cambiato il volto di questa parte della città. Quel luogo dove ci era consentito sognare, tra alberi e prati intervallati dalle ciminiere della vicina industria conserviera La Rocca (poi diventata Alco), come nella canzone di Celentano “Il ragazzo della via Gluck”, avrebbe lasciato spazio ai nuovi palazzi. Ricordo che per i nostri parenti raggiungere la nostra nuova casa voleva dire raggiungere la campagna.
Altri suoni scandivano le nostre giornate: il fischio del treno della vicina stazione e la tromba che annunciava la sveglia e il silenzio a tutte le leve della caserma Rossani.
Chi avrebbe mai detto che da trovarmi in una periferia della città, mi sarei trovata nel suo pieno centro!

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